Maternità tra dubbi e nuove certezze

Venerdì 28 Febbraio 2014

Un viaggio nel passato, sono incinta, incintissima della mia prima figlia. Con in borsa l’ennesimo libro dedicato alla maternità, sto seduta al tavolino di un bar ad aspettare un’amica. Vicino a me un bambino inizia a battere sul tavolo con un cucchiaino come se fosse una batteria. La mamma lo ferma, il bambino inizia a piangere così forte che non sento neanche il flusso dei miei pensieri.

La mamma lancia uno sguardo desolato intorno a lei. Io la guardo e sorrido, mi fingo partecipe ma in realtà penso “a me non capiterà mai!”.

Prima che nascessero i miei figli ero perfettamente padrona della situazione: i miei figli non avrebbero mai fatto capricci, non li avrei viziati, non avrebbero mai disturbato un adulto che parla, non avrebbero mai detto nulla a sproposito e, cosa più importante, queste cose le avrei ottenute con calma e pazienza. Non sarei mai stata una di quelle mamme che urlano, anzi. Il profondo dialogo che avremo instaurato il e i miei figli sarebbe servito d’esempio a chi ci circonda. La maternità mi sarebbe calzata a pennello. Avrei trovato un’organizzazione mai avuta prima, avrei sviluppato una pazienza ascetica di cui non immaginavo l’esistenza. E sarei vissuta in simbiosi con i miei figli...

Penso a queste cose e a molte altre mentre tento di convincere mio figlio che ormai è grande ed è in caso che cammini da solo. Prevedo già la sirena che scatterà tra qualche secondo. La domanda è una sola: urlerà di più lui o urlerò di più io? Sento già un pizzicore in gola, trattengo il fiato e mi dico: io non urlerò. Io sarò superiore. Io sono perfettamente in grado di gestire i capricci di mio figlio. Nulla gli vieta di camminare, non è stanco, e quegli occhi rossi e lacrimosi sono dati dal pianto in arrivo non sono certo colpa di qualche malattia latente...

Distolgo lo sguardo ma ormai ha colto il dubbio che si è insinuato nel mio cervello “e se fosse malato?”. Gli “e se...” sono una gran fregatura per noi mamme: la teoria l’abbiamo studiata tutta, sappiamo perfettamente quello che dobbiamo fare e quello che invece dobbiamo evitare. Sappiamo benissimo, per esempio, che, anche se si svegliano nel cuore della notte piangendo, quasi sicuramente si addormenteranno da soli nel giro di qualche secondo (ovviamente non sto parlando di neonati).

Così anche se dormono nella loro stanza da soli, appena sentiamo quel leggero lamento che precede la svegliata tratteniamo il respiro chiedendoci “si riaddormenterà da solo?”. Il problema sono i dubbi che accompagnano questa speranza: e se non lo fa, e se si sveglia del tutto solo perché sono troppo stanca per fare un salto da lui? E se ha fatto un incubo e lo sto lasciando da solo invece che consolarlo? E se... e se è malato?

Come un trapano che ci trapassa il cervello "il dubbio" non ci abbandona neanche dopo che nostro  figliosi è riaddormentato: dobbiamo andare a controllare che tutto sia sottocontrollo. Sappiamo perfettamente che sarà una mossa sbagliata, che nostro figlio interpreterà la nostra incursione come il segnale che sentiamo la sua mancanza, prontamente lui sarà pronto ad abbandonare il suo letto ed a venire nel nostro "per farci compagnia", e noi che dovremmo fare? Lo prendiamo in braccio, lo stringiamo al nostro collo e ci prepariamo per un'ennesima nottata in bianco...

I dubbi sulla loro possibile cattiva salute sono subdoli, ci spingono a preparare loro i loro piatti preferiti solo per non avere la certezza che non siano inappetenti, ci portano a prenderli in braccio per avere la certezza che non siano malati, ci impongono di fare qualsiasi cosa (e con qualsiasi intendo qualsiasi) pur di non sentire i loro pianti.

Ripenso a tutti i miei buoni propositi fatti prima della maternità, piano piano li ho spuntati tutti. Ho abbandonato le certezze e mi sono calata in questo mondo sconosciuto e selvaggio. Perché alla fine non importa quanto tu sia preparata: un figlio sarà sempre in grado di stravolgere i tuoi piani, ribaltare le tue certezze e farti acquistare un punto di vista nuovo sulle cose.


Stefania D'Elia Stefania D'elia su Facebook

Stefania D'Elia

Sono mamma di 2 bambini di 5 e 3 (quasi) anni. Sono stata per anni un’impiegata, poi un licenziamento e la mia vita è cambiata.

Ho scelto di cavalcare gli eventi e ho iniziato a scrivere; di me, di noi, delle mamme. Ho gestito per mesi un magazine on-line, ho un blog personale e scrivo articoli che parlano di donne e famiglia su www.trentoblog.it e ora sono alla ricerca di nuove sfide.