Favola - Il condominio di via degli Aceri (parte 3)

Mercoledì 23 Aprile 2014

Continuano le avventure di Mia, Zelda e Laika nel condominio di via degli Aceri. Cosa avrà scoperto la ghiandaia su Pepe, il gatto del vicolo?

Pepe fece il cascamorto anche con Silvestra, la giovane gattina del condominio accanto, piombandole fra le zampe quando lei meno se lo aspettava con una promessa di amicizia che in realtà era solo una scusa per appartarsi con lei al buio del vicolo… povera Silvestra, lei era ancora troppo giovane e timida per rendersi conto che i gatti vogliono solo una cosa dalle gatte, e non è l’amicizia.

Tant’è vero che, dopo, nonostante lei lo salutasse sempre con calore, lui si mostrava freddo e scostante, imbarazzato dal timore che qualche altro gatto potesse scorgerlo a parlare con lei. Una sera la piccola Silvestra venne da me con i suoi luminosi occhi gialli umidi di pianto e mi raccontò di come e quanto lo aveva cercato per parlargli, per confidarsi e di come lui le parlasse di sfuggita, stando sempre sulle spine, guardandosi continuamente intorno, con una fretta nella voce che, prima, non gli aveva mai sentito.

Con i gatti giovani, il vigliacco, faceva il prepotente. Come con il piccolo Emil, uno dei miei nipotini del numero 26. Emil è giovanissimo, si sta affacciando alla vita da poco tempo e per lui il mondo è un’unica, grande e gioiosa scoperta. Va in giro e guarda dappertutto, chiede a tutti e ascolta a bocca aperta qualunque cosa, da chiunque abbia voglia di raccontare. Una sera gli si affiancò mentre Pepe si stava dando grandi arie con una gattina. Per la precisione stava vantandosi dei suoi genitali e delle loro dimensioni, quando Emil si avvicinò e chiese ulteriori informazioni, se non addirittura di poter vedere con i propri occhi un tale fenomeno della natura.

La gattina non era stupida e ribatté: - Caro Emil, tali vanterie sono come le storie di caccia e pesca: bisogna sempre farci la tara!! -. Pepe arrossì violentemente e inseguì rabbioso il poverino per tutto il vicolo. Emil ignorava che i gatti amano parlare di certe misure con le gattine e che tali misure non possono essere messe in discussione, da nessuno. Da quella volta Emil non poté mettere piede fuori di casa senza temere di essere rincorso e graffiato a sangue da quel vigliacco vanaglorioso di Pepe.

Anche Laika e Zelda avevano avuto a che fare con lui. Sebbene fossero cani, nessuna delle due aveva mai manifestato apertamente la propria antipatia per i gatti, almeno fino all’arrivo di Pepe nella loro vita.

Laika si ricordava perfettamente come si conobbero, e ce lo raccontò per l’ennesima volta.

Stava passeggiando per il giardino, godendosi il primo sole del mattino e salutando il suo padrone di casa che, come faceva sempre, prima di andare al lavoro lasciava le ciotole con il pranzo pronto sulla veranda. Zelda si precipitò a mangiare e vuotò la sua ciotola in un baleno, Laika, infreddolita dalla rugiada e desiderosa di sgranchire un altro po’ le anziane membra, attese. L’attesa fu notata da Pepe che si avvicinò quatto quatto senza farsi vedere da Zelda e approfittando della cecità della povera canina andò a servirsi della sua ciotola. Fu l’intervento tempestivo di Zelda a salvare il pranzo di Laika e la poveretta ci rimase così male che gli giurò vendetta.

Laika procedeva nel racconto, quando Zelda si ricordò di un altro screzio, molto grave, che ci fu qualche tempo dopo e che segnò definitivamente la fine dei rapporti fra loro.

Quell'estate il caldo era stato talmente afoso che il loro padrone di casa aveva deciso di allestire le loro cucce in giardino. Aveva costruito per l’occasione un casotto di legno dentro il quale aveva sistemato i loro giacigli e l’aveva messo in un punto della veranda che rimane all’ombra per l’intera giornata. Fedeli al loro amico le due cagnoline si rifiutarono di passare la notte lontane da lui e preferirono comunque dormire sul pavimento accanto al suo letto.

Ma la mattina si accorsero che qualcosa non andava. Le loro copertine erano tutte stropicciate, i loro materassini tutti schiacciati come se effettivamente ci avesse dormito qualcuno ed il loro olfatto indicava la presenza di un gatto. Tutto lasciava supporre che fosse stato Pepe ma ne ebbero la prova soltanto la sera dopo. Anziché rientrare subito seguendo il loro padrone di casa, stettero in giardino accucciate nel buio ed aspettarono. La loro attesa fu premiata.

Dopo poco videro un’ombra salire sul muro e l’udirono cadere con un leggero tonfo sull’erba. Con passo elastico e sicuro di sé, l’intruso si avvicinò alle cucce e si apprestò a passarvi la notte, senza neanche guardarsi intorno, senza presagire la presenza delle legittime proprietarie. Fu allora che Zelda scattò in avanti e si gettò su Pepe ringhiando come non aveva mai fatto fino ad allora. L’arrogante Pepe si schiacciò contro il fondo della cuccia e da lì soffiava minaccioso e mostrava gli artigli. La zuffa sarebbe andata avanti ancora per molto se il padrone di casa, udito l’abbaiare di Zelda, non fosse corso a dividerli e non avesse scacciato Pepe dal giardino in malo modo.

Anche la ghiandaia aveva da dire la sua su Pepe, e così molti altri animali del quartiere, tutti vittime della sua prepotenza. Pepe era solito pretendere il rispetto degli altri nell’unico modo che conosceva, facendo la voce grossa. Non si accorgeva però che così facendo andava inimicandosi praticamente tutti, che non solo non lo temevano e non lo rispettavano, ma lo disprezzavano a tal punto che in qualunque discussione gli davano subito ragione purché fosse stato zitto, gli cedevano il posto, il pranzo e qualunque cosa avesse chiesto purché se ne andasse. A volte a qualcuno faceva addirittura pena ed era spesso il solo motivo per cui lo sopportavano.

In casa le cose non andavano meglio. La stupidità di Pepe era tale che faceva il prepotente anche con i suoi amici, gli umani padroni di casa. Lasciava il suo odore dappertutto con ampi spruzzi di urina, saliva su tutti i mobili, voleva sempre mangiare per primo senza lasciare niente per nessuno e chiedeva cibo continuamente.

Alla lunga il suo comportamento fece venire un esaurimento nervoso alla sua padrona di casa che, povera donna, aveva già abbastanza da fare con dei figli adolescenti ed un marito esigente e pasticcione, tanto che (e qui iniziava il racconto della ghiandaia) una sera… (continua...)


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Francesca Tantalo

Sono una strega con un brutto carattere. Di quelle delle favole, coi calzini a righe e il vestito nero, gli occhiali sulla punta del naso e i capelli sempre in disordine. E' vero? Forse, ma sono soprattutto una naturalista disoccupata, un'impiegata part time, una mamma full time e, semplicemente, una donna.

Scrivo per la rubrica di cucina per bambini nel blog Oasi delle Mamme, ho due stupendi frugoletti, un compagno comprensivo, un giardino enorme, mille sogni nel cassetto e un'enorme passione per la nostra stupenda Madre Terra