A proposito di identità di genere

Mercoledì 12 Novembre 2014

Nel momento in cui i bambini, scivolati dalle strette vie di un corpo di donna vengono al mondo, si presentano con un corpo maschile o femminile.

Questo essere corporeo segna in maniera diversa la relazione.

Non è la stessa cosa per la madre e per il padre avere un figlio maschio o una figlia femmina perché non ci si relaziona nello stesso modo. Da alcune ricerca sembra, infatti, che l’interazione assuma connotazioni diverse a seconda che il figlio sia maschio o femmina; i comportamenti del neonato come dormire poco o tanto, piangere più o meno frequentemente, richiamare l’attenzione, vengono interpretati e vissuti dal genitore in maniera diversa a seconda del sesso del bambino. Ciò significa che il piccolo alla nascita fa il suo ingresso in un mondo di significati e stereotipi sociali assimilati, spesso inconsapevolmente, da genitori e parenti e che contribuiscono a condizionare i suoi comportamenti, la formazione della sua personalità, la maturazione dell’identità di genere.

“Poco importa se ci sono bambine che nascono con un temperamento più combattivo e intraprendente di molti maschi: quasi senza accorgersene, si tende ad indurle, ad essere tenere, premurose, pazienti… Mentre ai bambini dall’indole molto più dolce, sensibile, delicata di tante bambine, si insegna ad essere più duri, più aggressivi, contrastando così le loro reali inclinazioni” (S. Vegetti Finzi).

Le differenze del corpo che contraddistinguono il bambino e la bambina non sono solo differenze puramente biologiche ma orientano pensieri e atteggiamenti diversi, da parte degli adulti, che contribuiscono a strutturare una differenza nell’immagine del corpo e un precoce senso di identità sessuale nel figlio.

A seconda di come l’adulto tiene in braccio il bambino, lo sorregge, lo culla, lo accarezza, lo bacia, lo consola, gli parla, il piccolo impara a riconoscere, a differenziare e a discriminare atteggiamenti e risposte e ad adeguare il proprio comportamento di conseguenza.

Perciò attraverso una vasta gamma di comportamenti non verbali, come l’espressione del viso, il tono della voce, la vicinanza fisica, il modo di toccare, l’atteggiamento del corpo, il modo di parlare più o meno veloce l’adulto contribuisce alla maturazione dell’identità di genere nel bambino.

Alla nascita un bambino ha un sesso ma non ancora un genere.

La sua identità sociale in quanto maschio o femmina transita prima nella mente di coloro che lo circondano.

Col passare del tempo ogni bambino interiorizza le rappresentazioni sociali di genere dell’ambiente a cui appartiene e l’identità di genere espressa successivamente deriverà dai modi di pensare, sentire e agire della collettività di appartenenza.

“Se si lasciasse un bambino libero di esprimere il suo temperamento indipendentemente dal sesso al quale appartiene, quante possibilità, quante attitudini, quante inclinazioni non andrebbero perdute! Non si assisterebbe al continuo modellamento di un bambino secondo un’idea precisa di comportamento adatto al suo sesso. I modelli sarebbero infiniti. E ogni bambino potrebbe seguire le vie più congeniali alle sue doti, alle sue qualità” (M. Mead).

Pensiamo alla rigidità con cui spesso gli adulti suddividono i giochi in “maschili” e “femminili”, dimenticando che ai bambini piace provare tutte le parti nel gioco almeno fino alla pubertà: la mamma e il papà, l’uomo e la donna…

Limitare i giochi dei piccoli in base a pregiudizi e stereotipi sessuali tradizionali non è altro che una forma di censura che pregiudica la piena espressione della personalità di ogni bambino.

L’identità di genere si caratterizza come l’acquisizione consapevole e inconscia di appartenere al proprio sesso e non all’altro e si stabilisce attraverso un processo lento e graduale che va dai 18 mesi ai 3 anni. Un “mosaico” che, comunque, si completa del tutto solo con la maturazione fisiologica, verso i dodici, tredici anni.

Alla sua costruzione contribuiscono diversi fattori; l’esperienza del proprio corpo e le relative fantasie ad esso connesse, l’influenza genitoriale, i fattori cognitivi e di apprendimento caratteristici della socializzazione primaria, l’identificazione precoce col genitore dello stesso sesso.

Ogni bambino ha bisogno di sentirsi riconosciuto come soggetto sessuato, di identificarsi come persona sessuata.

Un riconoscimento che si costruisce gradualmente, all’interno di un clima relazionale, se i due genitori convalidano la sessualità del proprio figlio ma anche se tra di loro si confermano reciprocamente nell’identità maschile e femminile attraverso gli atteggiamenti, le parole, la vicinanza, gli sguardi, l’intimità psicoaffettiva, i comportamenti e l’immagine che come madre e padre hanno rispettivamente di sé e della propria femminilità e mascolinità.

DANIELA SCANDURRA: pedagogista, clinico della formazione, psicomotricista e insegnante di massaggio infantile svolge attività di consulenza e formazione rivolta prevalentemente a educatrici, insegnanti e genitori. Da Luglio 2008 è socia fondatrice e Presidente dell’associazione “Il Melograno Centro Informazione Maternità e Nascita” di Trento.