No alla violenza sulle donne: si parte dai nostri figli

Mercoledì 08 Giugno 2016

Io ho due figli maschi, due. Ho una grande responsabilità, quella di crescere due uomini non solo rispettosi delle donne, ma anche in grado di reggere emotivamente ad un no, alla frustrazione. Una cosa mi sto chiedendo: quel Vincenzo Paduano, quell’animale senza pietà e senza pentimento, sarà pur stato anche un bambino.

Gli uomini violenti e i bambini che erano

E che bambino era? Che bambino è stato un uomo che decide di dare fuoco alla propria ex? Perché è dannatamente semplice arrivare a facili conclusioni, conclusioni che un po’ ci rassicurano. Forse aveva una situazione familiare pesante, forse era vittima di abusi? Pare fosse sotto l’effetto di droghe. Ecco la risposta, all’apparenza, si drogava, chissà che infanzia ha avuto, chissà che genitori, chissà….

Questo non lo giustifica, certo che no, non è neppure una risposta, però ci rassicura: se facciamo tutto per bene i nostri figli non arriveranno mai a tanto, i nostri bambini. Eppure anche lui è stato un bambino.

Immaginiamo la sua nascita, i suoi primi mesi quando allattato dalla mamma viveva solo per lei e lei per lui. Pensiamo i suoi primi mesi, lo svezzamento, le foto di un piccolo teppistello, poi di un bimbo sorridente che gioca, poi di un ragazzino nei suoi primi giorni di scuola.

Difficile vero? Anzi impossibile. Io faccio fatica a pensarlo, davvero. Ormai lui è un mostro, un essere senz’anima, non può essere stato un bambino, un neonato sorridente e sereno. Non possiamo accostare lui alla foto di un neonato qualunque. Nessuno di loro, uomini violenti, assassini, può essere stato un bimbo. Perché lì ci si spalanca il baratro davanti, come madri.

Lui aveva una madre. Non ne sappiamo molto. Sappiamo solo quel poco che si legge sui giornali o si sente nei tg. Forse lei ci ha provato davvero a farne un buon uomo. Forse no. Forse non dipendeva neppure da lei. Forse qualcosa che non andava c’era già. Il padre, le compagnie sbagliate,… non lo sappiamo. Ma noi mamme in questo baratro ci dobbiamo guardare dentro.

Abbiamo la possibilità di crescere uomini veri, facciamolo!

Anche lui era un bimbo, come i nostri. Allora nelle nostre mani c’è una potenza infinita, la nostra capacità di fare in modo che i nostri bimbi diventino uomini diversi, uomini di un nuovo mondo. Uomini forti e indipendenti, uomini che guardano alla donna non come ad una proprietà o ad un’ancora di salvezza dalle proprie turbe psichiche, ma ad una compagna di vita, eterna o momentanea.

Da dove si parte? Si parte da noi. Siamo noi, le mamme, creatrici, con la nostra energia interiore, di grande forza. Noi dobbiamo fare quel salto evolutivo. Ci lamentiamo di un sistema maschilista, un sistema che dobbiamo combattere.

Non dobbiamo combattere. Combattere ancora una volta parla di violenza contro qualcos’altro, contro qualcun altro. Noi dobbiamo agire con questa forza secondo il nostro sentire per modificare lo stato di cose.

Ci vuole tempo? Sì. Anni, decenni. Ma si tratta di cambiare un modo di pensare radicato da secoli. Cambiare, non combattere.

 

Cambiare partendo da noi significa imparare il rispetto verso noi stesse, i nostri ritmi, i nostri cicli, il nostro eterno mutamento. Significa insegnare ai nostri figli il rispetto delle donne nella loro essenza più profonda, alle nostre figlie il grande potere delle donne.

Potere interiore, di nuovo, non potere come dominio sull’altro. Un potere che anche gli uomini hanno, diverso e complementare. Mai migliore né peggiore. Significa insegnare ai nostri figli maschi il loro potere interiore, un potere che non si conferma prevaricando l’altro, ma agendo nel mondo, con comprensione e rispetto.

Perché quello che manca a questi uomini violenti è la forza, la sicurezza. Una forza che compensano con la violenza, che è mancanza di forza, è reazione alla propria infinita debolezza. Quando un uomo fa violenza ad una donna, fisica o psicologica, lo fa perché ne sta perdendo il controllo o perché ha paura di perderlo.

Lo fa perché è un debole, perché soffre di questa debolezza, lo fa sentire piccolo e indifeso. E come tutti gli esseri viventi che si sentono messi all’angolo risponde attaccando. Non ha altro, non è in grado di fare altro, non può.

Perchè la violenza sulle donne, purtroppo, si impara

no alla violenza

Anche Vincenzo Paduano era un bambino, anche lui amava la sua mamma, anche lui voleva le coccole, anche lui si faceva leggere le fiabe prima di andare a dormire, anche lui faceva i capricci, anche lui si faceva fare il solletico e rideva a squarciagola come solo i bambini sanno fare. Guardiamo negli occhi di quel bambino, quel bambino ormai perduto, trasformato in un orribile freddo assassino.

Non tutto è nelle nostre mani, forse. Ma quando i miei figli dormono abbracciati ai nostri gatti, quando mi guardano con gli occhi pieni d’amore e mi dicono “Ti voglio bene!” anche a 11 anni, quando li ascolto mentre cercano di comprendere gli altri invece di criticarli, quando li vedo fare gruppo per aiutare il più debole o un amico in difficoltà, quando li vedo lottare per i propri diritti, pieni di volontà e sicurezza, allora mi dico che forse sto facendo un buon lavoro, nonostante tutti gli errori quotidiani.

Forse loro sì, saranno uomini in cui una donna potrà confidare, che sapranno confidare in una donna senza che questo rapporto diventi una prigione, per l’uno o per l’altra, senza che la fine di quel rapporto diventi una minaccia al loro ego, alla loro mascolinità.

Spero di potergli insegnare, insieme al loro papà, che essere uomo non dipende dal rispetto dovuto di una donna che considerano propria, che essere un uomo è in loro potere e mai, dico mai, può dipendere dal controllo su un’altra persona.

Quell’uomo, qualsiasi uomo colpevole di femminicidio o violenza sulle donne di qualsiasi tipo, non è giustificabile, mai. Ma dietro quel mostro c’è un bambino, un bambino che dobbiamo guardare, a cui dobbiamo pensare, un bambino a cui è mancato qualcosa di fondamentale. Che cosa non lo sapremo mai, ma abbiamo il dovere di guardarlo.

Ho visto un filmato in rete di un bimbo di circa 4 anni che picchia la madre e le urla contro. Non erano gesti di stizza di un bimbo, ma atteggiamenti adulti e consapevoli, scimmiottati forse da qualcosa che vede troppo spesso. La mamma ride, sotto si sente qualcun altro che ride e provoca. Se queste cose fanno ancora ridere, se ancora non mettono i brividi, allora c’è qualcosa che non va.


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Annalisa Aloisi

Sono Annalisa Aloisi, ho 38 anni, un marito, 2 bambini di 11 e 8 anni e due gattoni. Sono appassionata di libri, montagna, medicina e guarigione naturale e sono Master Reiki.

Alla perenne ricerca della mia strada, in continua revisione di me stessa, sogno di poter un giorno lavorare con le mie passioni..