Sgridiamoli si... ma osserviamoli!

Lunedì 04 Febbraio 2013

Lo spunto per scrivere questo articolo è nato qualche settimana fa, da un episodio a cui mi è capitato di assistere e nel quale molte persone potranno riconoscersi.

E’ sabato pomeriggio e mi trovo in un affollato negozio di calzature all’interno di un altrettanto affollato centro commerciale. Una mamma è intenta a provare un paio di scarpe, di fianco a lei un bambino dall’età apparente di circa 7-8 anni. Ad un certo punto, il bambino urta una mensola di vetro sulla quale sono appoggiate delle borsette: la mensola, forse fissata male al muro, cade rovinosamente a terra con fragoroso rumore di vetri rotti e spargimento di borsette sul pavimento. Molte persone si voltano per vedere cosa è successo.

La donna prima rimane muta per qualche secondo, poi apostrofa il figlio con una frase del tipo: “Io proprio non ho parole…renditi conto di cosa hai fatto…guarda!! Vergognati!!”. Ora, credo che la maggior parte dei genitori condivida l’intervento della mamma in questione, tuttavia quello che ha sollevato la mia attenzione in quel momento è stata la reazione del bambino all’accaduto.

Aveva un’espressione molto spaventata, con gli occhi sbarrati e le mani sulla faccia a chiudersi le orecchie in conseguenza del forte rumore.

Da quanto ho potuto osservare, credo che quel bambino fosse davvero turbato per l’accaduto: in una situazione come questa, un rimprovero diventa poco adeguato ed efficace per due motivi:

  • un bambino spaventato si trova in una condizione emotiva “assoluta”, totalizzante, che rende difficile sintonizzarsi su altre informazioni concomitanti.
  • un bambino in una simile condizione emotiva cercherebbe nel genitore un sostegno, una rassicurazione e non un’ulteriore fonte di ansia e stress.

Certo, come genitori può non essere facile comportarsi in tal modo, specie quando il comportamento sbagliato del figlio ci mette “sotto i riflettori” in una situazione pubblica…ecco che allora spesso parte il rimprovero e si incita alla vergogna… proprio quella che, come genitore, si sta provando in quel momento!

Ciò che vorrei sottolineare qui è che spesso i figli mettono a dura prova i genitori con i loro atteggiamenti, vi sono giornate caratterizzate da un susseguirsi di sgridate e rimproveri, spesso senza efficacia; ecco che allora, di fronte all’ennesimo “disastro”, l’esasperazione del genitore si manifesta in automatico.

Tuttavia, è importante che una mamma o un papà (ma anche un’insegnante o un educatore, un nonno… chiunque trascorra del tempo significativo con un bambino) non si dimentichi mai di osservare le reazioni del piccolo, soprattutto a livello non verbale. Ok, ne ha combinata un’altra…ma che faccia sta facendo? Sta ridendo come a prenderci in giro? E’ indifferente, sembra non aver capito quanto successo? E’ spaventato?

A fronte di ognuno di questi atteggiamenti l’adulto dovrebbe cercare di rispondere in modo sintonico, così da ottenere la piena attenzione da parte dell’altro. Quindi, per riprendere l’esempio con cui ho aperto l’articolo, la mamma avrebbe fatto meglio a rassicurare subito il figlio con una frase del tipo: “Ok, non preoccuparti…l’importante è che non ti sei tagliato…vieni qui da me” e magari prenderlo per mano. Poi, una volta calmate le acque, ha senso riprendere l’accaduto invitando il bambino a stare più attento, dal momento che le caratteristiche del contesto in cui si trova (spazi stretti ed affollati) richiedono un maggiore controllo delle proprie azioni. Tutto ciò deve essere rapportato anche all’età del bambino, e al tipo di informazioni che è in grado di comprendere: non avrebbe senso infatti fare un lungo discorso su come comportarsi in un affollato negozio di scarpe ad un bambino di 2 anni.

Un piccolo accenno, infine, al tema della vergogna. Si tratta di un’emozione cosiddetta “sociale” , ovvero un’emozione che nasce dal confronto tra le nostre azioni e quelle che sono le regole sociali della cultura in cui viviamo, che definiscono i comportamenti appropriati o meno da tenere in funzione del contesto in cui ci si trova.

Nella nostra cultura, ad esempio, rompere un oggetto che non ci appartiene in un luogo pubblico è comunemente considerata un’azione non appropriata e quindi fonte di vergogna.

I bambini non manifestano la vergogna fin dalla nascita, ma la “apprendono” (insieme ad altre emozioni come l’invidia, il senso di colpa o l’orgoglio) dal confronto con gli altri. Ecco quindi che, quando diciamo “Vergognati!” mentre sgridiamo i nostri figli dovremmo tenere conto anche della loro età: prima dei 3-4 anni i bambini non riescono a comprendere cosa sia la vergogna, quindi non ha molto senso richiamare questa emozione per modificare i loro comportamenti.

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Antonietta Vescovo

Sono mamma di un bambino di due anni e sono una psicologa specializzata in psicologia dello sviluppo e della comunicazione.

Per il magazine di Baby Bazar mi occupo di tutto ciò che riguarda psicologia, maternità e famiglia. Voglio aiutare i genitori a comprendere cosa accade dal punto di vista psicologico in questi particolari momenti della vita e suggerisco piccoli spunti di riflessione per gestire al meglio le difficoltà.