17 è il mio numero fortunato

Venerdì 15 Febbraio 2013

Il pianto di un bambino di natura è straziante.

Il pianto di un bambino in ospedale è una senzazione che ti prende allo stomaco e non si può spiegare. Ma quando ti trovi in una struttura come il Meyer di Firenze, sai che ogni bambino che vi entra, qualsiasi sia il suo problema, ha almeno una possibilità di essere curato e di uscirne guarito.

Camminando nei corridoi e negli spazi comuni, ti rendi conto di quanto sia allietata, in ogni momento della giornata, la permanenza in reparto di ogni bambino: la ludoteca, l'orto, il parco giochi, la biblioteca con la bibliotecaria che ti raggiunge in camera se non ti puoi muovere, i medici pagliaccio, il concerto nell'atrio. E vedere i bambini giocare, correre, costruire mascherine in ludoteca, nonostante la flebo, la gamba ingessata, le carrozzelle o la serie infinita di punti sulla testina rasata, e con il sorriso sulla bocca, ti riempie il cuore.

Ma soprattutto fa si che, una mamma come me, che ha un bambino talmente piccolo da non potersi rendere conto di cosa gli stia accadendo e di dove si trova, possa capire che, oltre la bellissima "faccia", questo ospedale, ha anche un cuore enorme e un grosso "cervello" formato da medici, infermieri e tutto il personale di servizio

E in un attimo le tue ansie e preoccupazioni scompaiono insieme a tutto ciò che fino al giorno prima faceva soffrire il tuo bambino. Oggi ho capito quanto è bello essere bambini, quanto sia necessario vivere un infanzia serena e del diritto che ognuno di loro ha di poter vivere una vita dignitosa anche se è stato meno fortunato. Quello che ha avuto Ernesto (due ernie inguinali) non è niente in confronto a quello che migliaia di bambini sono costretti a sopportare ogni giorno: le terapie, i mesi passati in ospedale, con le loro mamme sempre accanto e costrette a dover lasciare il lavoro (senza avere quasi mai una tutela da parte dello stato) o un altro figlio a casa che soffre comunque, delle famiglie in viaggio perenne se provenienti da lontano.... Tutto questo mi ha fatto riflettere, e ho capito che mi sento fortunata, ma che la fortuna più grande, in questo caso, è stata quella di vivere in un paese dove la sanità non fa discriminazioni tra ricco e povero, perchè la salute e la vita sono un diritto di tutti.

Questa bella testimonianza che mi ha toccato davvero nel profondo, ci arriva da Simona, una nostra lettrice che si presenta così: "Mi chiamo Simona, ho 31 anni e sono mamma di due bimbi, uno di 4 anni e uno di 6 mesi. Lavoro e mi divido, come tutte, tra la casa, i figli e la vita di tutti i giorni. Con la gravidanza e la maternità ho sentito il bisogno di trovare storie che mi facessero sentire "comune", di trovare altre mamme che condividessero le mie esperienze, per avere un confronto. Condividere serve anche a sentirsi migliori."

 

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Stefania D'Elia Stefania D'elia su Facebook

Stefania D'Elia

Sono mamma di 2 bambini di 5 e 3 (quasi) anni. Sono stata per anni un’impiegata, poi un licenziamento e la mia vita è cambiata.

Ho scelto di cavalcare gli eventi e ho iniziato a scrivere; di me, di noi, delle mamme. Ho gestito per mesi un magazine on-line, ho un blog personale e scrivo articoli che parlano di donne e famiglia su www.trentoblog.it e ora sono alla ricerca di nuove sfide.