L'esempio dà voce e corpo alla coscienza civica

Martedì 19 Marzo 2013

Siamo alle solite: uno ci spera sempre ma niente, mi ritrovo a cozzare contro un'amara verità e non mi resta altro che chiedere. Per farlo mi armo di tutta la pazienza del mondo, non della comprensione eh, perché io queste cose proprio non le capisco. Quindi inspiro profondamente e domando al mio distaccato interlocutore: -Mi scusi.. Potrei sedermi?- In genere chi ha evitato il mio sguardo fino all'ultimo, con la remota speranza che il caso la/lo salvasse o che andassi oltre, muore dentro nell'esatto istante in cui sente la mia voce. Mi fissa per accertarsi che sia vero: siamo in bus, i quattro posti per gli anziani sono occupati per l'appunto da anziani, ed una giovane donna con in braccio un bambino attende un cenno, che fosse anche un gemito di sofferenza, ma una qualsiasi reazione che attesti che il soggetto chiamato in causa sia ancora in vita.

Il bus chiude le porte ed io riprovo, più decisa:- Mi scusi potrebbe lasciarmi il posto?- Nel frattempo siamo già ripartiti affrontando due curve della morte, una dietro l'altra, a tutta velocità. Non chiedetemi come faccia a stare in equilibrio con borsa e virgulto stretto al petto: istinto di sopravvivenza, di sicuro! Il giovane seduto, dopo aver interiorizzato il dramma, convince le proprie terga a staccarsi dal sedile. Sorride. Mi sorride. Ma si vede che è un sorriso tirato di circostanza e mi fa spazio con estrema fatica. Prendo posto fra lo sguardo compiaciuto di qualche anziana signora e l'indifferenza dei più.

Il giovane studente soffre perché dovrà stare in piedi per i prossimi 10 minuti fino a giungere al capolinea; d'altronde era suo diritto divino stare seduto perché era arrivato per primo. Mi guardo attorno. Oltre al ragazzo intento ad accettare il suo triste ed inevitabile destino con le dita fra i capelli come chiaro segno di interiore sofferenza (approfittane ora prima che la calvizie abbia la meglio, ti conviene) il posto per i disabili è occupato da un paio di borsoni, una donna con le borse della spesa sta in bilico mentre affrontiamo la rotonda del terrore, un uomo seduto nei posti dietro urla al cellulare cosa farà nel pomeriggio... Ecco basterebbe una gita, una bella comitiva scolastica in un qualsiasi bus cittadino per riassumere in venti minuti il succo di un anno intero di educazione civica, evidenziando cosa NON andrebbe fatto e perché. Ah sì! L'educazione civica non viene più proposta come materia a scuola dagli inizi degli anni'90 per chissà quale riforma.

 Ricordo che in prima media (era il 1990-91) a settembre la professoressa di storia e geografia iniziò ad illustrarci i tre poteri dello Stato e dopo qualche lezione, con grande stupore da parte nostra comunicò all'intera classe che non "serviva" più poiché l'educazione civica era stata, come materia, improvvisamente abolita.

Oibhó ci ha lasciato sul più bello, chissà se il mio compagno di banco dell'epoca è andato a guardare come va a finire 'sta cosa dei tre poteri. Io, in tutta sincerità, invece, lo ricordo intento a dar fuoco al quadernetto con gli appunti cinque minuti dopo l'inaspettato annuncio.

Qualche tempo fa, per tornare ai giorni nostri, parlando con un'amica, una giovane insegnante di una scuola media di Milano, Antonella, una di quelle che lottano in trincea quotidianamente e che s'impegnano con anima e corpo nel mestiere che hanno scelto di fare, mi dice che di educazione civica, nonostante l'assenza in pagella, se ne fa eccome: in classe si parla, si discute, vengono proposti temi, lavori di gruppo, spunti dal quotidiano dove riflettere e riflettersi, proiettando film, tutto per risvegliare le coscienze nei giovani per educarli a essere cittadini coinvolti e responsabili.

Vorrei sottolineare che chi propone lezioni di questo genere prepara il materiale a casa, la sera prima, nonostante gli impegni personali e familiari senza ricevere compenso alcuno, in più, in busta paga. Professori che son risorse rare devoti alle generazioni future, da valorizzare e aiutare, diciamolo questo perché il "più" fatto oltre il suono della campanella è un dono che loro ci fanno, sprovveduto colui che lo sottovaluta, chiunque esso sia!

Ma se scene come quelle descritte sopra nei bus, sulle metropolitane e in tutti i luoghi dove l'umanità condivide attimi di esistenza quotidiana accadono di frequente significa che qualcosa non va. Se imparano a scuola ma poi quanto è detto non è supportato dall'esempio anche a casa tutto diviene "temporaneo" e collegabile solo all'interno degli spazi in cui ha avuto origine, l'aula, incapace di divenire un atteggiamento da esportare fuori nel mondo, comportamenti che non riescono a rigenerarsi in risposte spontanee, basate sul buon senso e la condivisioni di valori a seconda del contesto in cui il giovane si ritrova a muoversi e a vivere immerso in mezzo agli altri.

Riemerge la necessità nel processo educativo di un legame inscindibile tra scuola e famiglia caratterizzato dalla cooperazione, il dialogo, il reciproco rispetto, la fiducia dei ruoli e dei loro confini. Fondamentale è rispettare questi ultimi per poter lasciare spazio all'azione educativa di chi in quel momento è il punto di riferimento per il giovane, consapevoli dell'esistenza di quelle zone franche dove, scuola e famiglia, si devono incontrare, confrontare e mettersi in gioco per il bene dell'educando.

"I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo" disse Alessandro Pertini, settimo Presidente della Repubblica Italiana. Quindi non diamo la colpa a questa nuova generazione perché, in effetti, manca in qualcosa poiché i ragazzi riflettono quel che dal mondo adulto giunge e noi siamo quel mondo. Quindi, se vogliamo possiamo dire che abbiamo trovato, almeno in gran parte, i responsabili del "dramma" vissuto da quel giovane ragazzo che, in un giorno qualsiasi in un qualsiasi bus, morì dentro spegnendosi lentamente per essersi abbassato, inconsapevolmente, a comportarsi da bravo cittadino, lasciando il proprio posto ad una madre con un bambino.

Meditiamo. E magari dopo una dovuta riflessione e messa in discussione impegniamoci di più nel dare il buon esempio!

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Sylvia Baldessari

Sono laureata in Scienze dell'Educazione e dopo diverse esperienze lavorative ora affronto l'avventura più grande, essere mamma di un vispo bimbetto di tre anni!

Sono appassionata, curiosa, talvolta puntigliosa, ma con la consapevolezza che sorridere aiuti e che il dialogo sia la chiave per conoscere questo nostro mondo. Curo la Pagina Facebook Il Piccolo Doge dedicata all'educazione.