Piero Angela - Da 0 a 3 anni

Sabato 25 Maggio 2013

Leggere “Da zero a tre anni”, di Piero Angela, è un po’ come fare un tuffo nel passato, più precisamente negli anni ’70. Almeno per come li immagino io.

Il libro infatti risale al 1973 e leggendo quelle pagine sembra di respirare l’atmosfera di quegli anni fatti di ideali per cambiare il mondo, per crescere i figli in modo tale che un giorno potessero essere persone intellettualmente, psicologicamente e moralmente migliori della generazione che li aveva preceduti, quella legata al boom economico e al consumismo. Un ideale utopico, insomma, e in effetti in alcuni tratti del libro sembra quasi che Angela voglia suggerire ai genitori come lasciare un mondo migliore in mano ai propri figli, piuttosto che “dettare legge” in fatto di pedagogia.

Da quando sono mamma, mi permetto di dirlo, sono invece spesso assalita da correnti di pensiero di “colleghe” che ricercano solo l’efficienza e che educano i loro figli come diligenti soldatini il cui unico compito è quello di adattarsi agli orari e agli impegni degli adulti. Stop.

Quello che viene richiesto loro è di alterare il meno possibile l’equilibrio familiare o, meglio ancora, l’agenda di impegni di mamma e papà. Parliamoci chiaro, neanche io ho mai fatto i salti di gioia quando ho dovuto rinunciare al sonno, agli impegni mondani o all’ennesimo programma che avevo in mente a causa del nuovo “assetto familiare” ma mi domando se non ci sia altro da chiedere ai propri figli. Come, ad esempio, diventare persone migliori, così intelligenti e flessibili di mente da capire che il bene comune coincide, poi, con quello personale. Faticare per crescere una classe dirigente moralmente equilibrata che un domani non porti allo sfacelo uno Stato, tanto per dirne una.

Osservato da un'altra galassia, il destino umano può apparire poca cosa: un breve momento, tra l'esplosione iniziale e (probabilmente) quella finale. Ma, vissuta dall'interno, questa vita è per noi la cosa più preziosa: è una fiaccola che dobbiamo cercare di trasmettere a lungo, di mano in mano, secondo un percorso che sembra addentrarsi sempre più in quella che è la vera vocazione dell'uomo: la conoscenza. Ma siamo ancora all'altezza di questo compito? (Da 0 a3 anni – P.Angela)

Vabbè, mi sono un po’ persa anche io nell’utopia ma sono argomenti su cui sto riflettendo molto, ultimamente. Non mi fermo alla sola domanda “quanto tempo è lecito prenderlo in braccio? In quanti minuti deve addormentarsi? Ogni quanto tempo deve mangiare?” eccetera.

Mia madre, che poverina non ha fatto in tempo a diventare una figlia dei fiori e divertirsi come tante altre ragazze della sua età che già era diventata mamma di una peste come me, mi ha sempre ripetuto quanta responsabilità si sentiva addosso. Non solo per i vaccini, la febbre o l’educazione a tavola ma anche perché pensava che stava contribuendo a costruire la società del domani, che se il lavoro suo e delle mamme come lei fosse stato portato avanti come si deve, avrebbero potuto migliorare lo stato delle cose. Ho ereditato il suo idealismo.

Perciò se quello che cercate è un manuale di puericultura che indichi schematicamente quando e come far dormire/mangiare/giocare il proprio bambino e come farlo obbedire ai vostri comandi, allora no, questo libro non fa al caso vostro. Questo è più che altro un libro che spiega in maniera semplice ed efficace come si sviluppa il bambino a livello intellettivo, quali sono le tappe che deve attraversare per un buono sviluppo neurologico e qual è il ruolo della madre in questo processo.

Il cervello del bambino è come una scacchiera. All'inizio qualunque partita è teoricamente possibile, qualunque mossa brillante è ipotizzabile. Poi, quando si cominciano a muovere i pezzi, le combinazioni iniziali via via diminuiscono e il gioco comincia a «strutturarsi» in un certo modo.

Perciò è essenziale, secondo l’autore, coltivare l’intelletto del piccolo sin dai primissimi giorni di vita (se non direttamente dal grembo materno). I primi tre anni di vita, come si dice spesso, sono gli anni definiti “della mamma”, in cui è lei il punto focale del bimbo, perciò è importante farle capire, riportando una serie di ricerche, esperimenti e studi scientifici, quanto e come può aiutare il percorso di intellettivo di suo figlio.

Non sarebbe necessario, però, dedicare ogni minuto della giornata all’educazione del proprio bambino. Ciò che conterebbe, infatti, è la qualità più che la quantità degli stimoli, essenziali, solo per fare un esempio, nei momenti in cui il piccolo viene lavato, vestito o nutrito.

Il rapporto madre figlio viene definito “una partita a tennis”: Un neonato ha bisogno di trovare un ambiente capace di stimolare le sue qualità mentali, che si ramificano in tutta la meravigliosa diversità premessa dal sistema nervoso: percezione, apprendimento, linguaggio, socialità, affettività. Questo sviluppo richiede un continuo scambio nei due sensi.

La madre è, per così dire, una tennista: ogni volta risponde ai lanci, rimanda la palla, e permette alle “potenzialità” del piccolo di esprimersi. Una madre che manchi a questo ruolo di partner finirà per atrofizzare lo sviluppo del bambino; il bambino, cioè, si scoraggerà se nessuno risponderà alle sue aperture…

Un libro che consiglierei alle neo mamme, insomma, supportato da prove empiriche in laboratorio e analisi interessanti dal punto di vista sociologico o antropologico ma anche impregnato di quell’idealismo che forse dovrebbe essere recuperato dalla società spietatamente utilitaristica di oggi.

Scrive una mamma on line: “Ho due figli che ho cresciuto leggendo i libri di Piero Angela, in particolare “Da zero a tre anni", e ho avuto degli ottimi risultati, il primo è un neurochirurgo, il secondo un neurologo in Francia. Lo regalo agli amici con i bambini piccoli. Non si tratta di un manuale per cambiare i pannolini, ma come far crescere, nel migliore dei modi, il cervello dei bambini”.

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