Uscire o non uscire? Questo è il problema!

Domenica 01 Novembre 2015

Ricordo quando non avevo figli; la mia serata ideale era fuori con gli amici al pub, non amavo la discoteca (sono sempre stata un legno a ballare), ma mi piaceva uscire. Passavo dai 55 ai 130 minuti in bagno a lavarmi, truccarmi e pettinarmi e, nelle serate in cui ero particolarmente ispirata mi pettinavo ogni ciocca perché prendesse una direzione diversa in modo casualmente perfetto. Sull'abbigliamento ci pensavo per tutta la giornata al lavoro, per poi cambiare idea almeno 5 volte prima di uscire dalla porta. La borsa coordinata al trucco era una regola imprescindibile: neanche prendere in considerazione l'idea di uscire se non era tutto perfettamente abbinato.

Si poteva stare anche 2 ore seduti al parchetto solo per decidere dove andare: tanto la notte era giovane e non c'era nessun motivo per avere fretta. Forse che era inverno e noi ragazze eravamo vestite con degli abitini leggeri con calze -5 denari, talmente impalpabili che un alito di vento era più coprente.

Poi sono diventata mamma, la mia serata ideale è diventata: divano, libro e copertina, se proprio ho voglia di strafare una tisana calda: con la consapevolezza che poi  mi toccherà alzarmi almeno 3 volte nella notte per andare in bagno: ma tanto mi piace il brivido.

Le serate fuori, solitamente sono i consigli di classe, che un pochino mi emozionano perché "vedo gente adulta" ma non lo dico perché mi vergogno. Per organizzare una serata con le amiche ci vuole una pianificazione semestrale: il lunedì no che Rebecca ha danza, il martedì il marito di Anna torna tardi dal lavoro, il mercoledì viene il nonno a cena e non si può rimandare, il giovedì c'è l'incontro di catechesi, il venerdì Francesca ha il corso d'inglese e il sabato è la serata in famiglia per tutte. Rimane solo la domenica, ma di domenica si sa: i bambini si ammalano.

Quando si decide il giorno, di norma a distanza di 3 mesi, alterno euforia e disperazione: da una parte ho voglia di uscire, dall'altra però non ne ho la minima intenzione, ed è tragico, perché so che uscire dovrebbe essere una cosa bella! 

Mano a mano che si avvicina la data, spero che come me anche le mia amiche stiano meditando sull'usare come scusa il "bimbo improvvisamente malato".Il "bambino malato" è l'equivalente della "nonna in ospedale" degli adolescenti che hanno dimenticato i compiti alle superiori. Una scusa che puzza di scusa come poco altro, ma che a nessuno salta in mente di mettere in discussione perché "magari stavolta è vero".

Quando alla fine torno a casa dalla mia "serata fuori" mi sento felice e ricaricata, mi ripeto che la prossima volta "non avrò tutti questi dubbi" salvo poi riscoprirmi a pensare al "figlio malato" appena qualcuno accenna ad una serata tra donne.




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